Il vero senso della Quaresima: Misericordia io voglio e non sacrifici

Vorrei gustare con voi alcuni passaggi unici del testo proposto nell’Ufficio delle Letture in questo inizio di Quaresima perché ci porta al cuore del senso di questi quaranta giorni di preparazione alla Pasqua del Signore, cogliendo il vero significato di questo tempo forte e di quanto Gesù dice affermando: “Misericordia io voglio e non sacrifici” (Mt 9,13). La pienezza a cui Gesù vuole portarci è proprio il vivere la Legge non da schiavi, pensando di meritare qualcosa con il volontarismo o tanti atti di per sé lodevoli, ma sgancianti dal reale e troppo spesso dal cuore, bensì aderendo in ogni attimo presenta alla “chiamata” all’Amore, vera vocazione di ogni cristiano – nell’Amare con la Sua stessa smisurata misura – ma anche di ogni essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio.

Meditiamo alcune righe di Isaia 58.

“Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi
e colpendo con pugni iniqui.
Non digiunate più come fate oggi”.

Quante volte rischiamo di digiunare o fare “atti religiosi”, ma poi di svuotarli di significato e valore perché uscendo dalla Messa o dopo una preghiera, subito il nostro ego, la nostra vanità, il nostro orgoglio, la nostra superficialità, di cui siamo schiavi, hanno il sopravvento!

In questi giorni abbiamo assistito ad un’escalation di violenza, tra i giovani e giovanissimi nella nostra Italia e a livello internazionale con la minaccia di una guerra totale, non sono altro che il riflesso delle piccole o grandi guerre che si consumano dentro di noi, tra di noi, tra amici, parenti o in luoghi di lavoro.

E siamo noi ad armare la nostra lingua di “bombe atomiche” che creano devastazione e segnano nel profondo il nostro fratello o la nostra sorella, il nostro prossimo. Sì, siamo noi che, al contrario del buon Samaritano, vediamo ma non guardiamo e addirittura passiamo oltre, indifferenti. Quanti “pugni iniqui” che vanificano e tradiscono il nostro dirci cristiani e mortificano quella regalità di cui siamo rivestiti dall’Amore di un Padre che ci chiama ad essere perfetti nell’unità come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo vivono in un Amore modello per tutti noi.

“Non è piuttosto questo il digiuno che voglio:
sciogliere le catene inique,
togliere i legami del giogo,
rimandare liberi gli oppressi
e spezzare ogni giogo?
Non consiste forse nel dividere
il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire chi è nudo,
senza distogliere gli occhi da quelli della tua gente?”

Senza dubbio digiunare in modo semplice e concreto – mangiando pane e acqua oppure saltando un pasto – ha un valore importante se è fatto con il cuore, con contrizione e come segno non solo di preghiera, ma anche di comunione con quanti quel pane così tanto dato per scontato, perché per tanti è solo un miraggio da conquistare ogni mattina.

Sì sono importanti il digiuno o le mortificazioni, le penitenze, per forgiare la nostra volontà, per offrire qualcosa in preghiera, per essere in comunione con la parte di famiglia umana – la maggior parte – che stenta a sopravvivere. Eppure il digiuno che Isaia ci consiglia e che Dio predilige è l’essere “riscatto” per chi è scartato, “liberatori” per quanti sono schiavi, “accoglienza” per chi è solo e abbandonato, “caldo abbraccio e ristoro” per chi è affamato e nudo, spogliato della propria dignità.

“Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto”.

E quale promessa ci viene fatta se vivremo tutto questo! Chiara Amirante tante volte in comunità a tutti i noi e ai giovani che vengono con tante ferite per guarire e uscire da inferni che li hanno resi dipendenti, spiega questo passo dicendo che più si ama, più ci si dona, anziché ripiegarsi su di sé, più velocemente “le nostre ferite guariscono”. Ed è così: c’è sicuramente da prendersi cura della ferita con le terapie adeguate, ma più ci si butta ad amare prima si guarisce perché l’Amore è un balsamo potentissimo che penetra nel profondo e compie miracoli perché Dio è Amore!

Merita rileggere questa promessa: “Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto”.

“Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
se offrirai il pane all’affamato,
se sazierai chi è digiuno,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua oscurità sarà come il meriggio”.

Torna la metafora della luce che è una realtà manifesta in tutti quegli uomini e donne redenti, che abbiamo incontrato, non solo nei “santi canonizzati o beatificati”, ma anche nei nostri nonni, in persone semplici, in chi si è prodigato per la nostra istruzione, in chi abbiamo avuto la fortuna di imbatterci nella vita riscontrando che quella “scintilla divina” impressa in ciascuno di noi, risplende in modo particolare! E’ la luce del prologo di Giovanni, quella Luce originaria che torna a irrompere nelle tenebre e chiede a noi di esserne riflesso.

“Ti guiderà sempre il Signore,
ti sazierà in terreni aridi,
rinvigorirà le tue ossa;
sarai come un giardino irrigato
e come una sorgente le cui acque non inaridiscono.
La tua gente riedificherà le antiche rovine,
ricostruirai le fondamenta di epoche lontane.
Ti chiameranno riparatore di brecce,
restauratore di case in rovina per abitarvi”.

Altre promesse stupende, tutte da meditare. Se viviamo la carità concreta con l’amore a cui siamo chiamati, Dio non ci abbandonerà mai perché dimoreremo in Lui e permettiamo a Lui di dimorare in noi e non solo ci ringiovanirà sempre, perché l’Amore fa nuove tutte le cose, ma nella Sua dinamicità riedificherà il nostro essere e agirà misteriosamente in chi incontriamo, realizzando la nostra chiamata nell’adesione piena alla sequela di Cristo e nel farci una cosa sola in Cristo: essere “riparatori” di brecce e riedificando la “casa” che era in rovina e che Dio ha scelto come nuova dimora in cui farsi carne in noi. Ricordando le parole di Papa Francesco in visita a Cittadella Cielo a Nuovi Orizzonti, dopo aver ascoltato le storie di rinascita di tanti giovani strappati dalla morte e tornati a vivere: “costruire è difficile, ma è molto più difficile ricostruire”. Che questo tempo di quaresima sia una palestra per allenarci a diventare “riparatori” di brecce, “casa” per tanti, “misericordia” per chi ci incontra.