Quest’anno, in alcune delle nostre Cittadelle si è svolto il progetto “Independence Way” del programma European Solidarity Corps con l’obiettivo di favorire, a breve termine, la crescita personale di giovani volontari e minori in difficoltà. Abbiamo accompagnato diversi volontari e ora vogliamo condividere la loro esperienza in questo percorso. Proseguiamo con l’esperienza di RATNA.
Grazie a questo progetto ho anche scoperto un’altra sfaccettatura del termine indipendenza che non avevo mai vissuto.
Ciao a tutti, mi presento, sono Ratna Marangon, ho 23 anni e vengo da Chioggia, una città vicino Venezia. Da sempre ho vissuto la sfera del volontariato e del servizio all’interno della mia parrocchia tra animazione, scoutismo e attività giovanili.
Quest’anno ho scelto di vivere la dimensione del servizio in una modalità diversa, aderendo al progetto “Independence Way” sostenuto dall’ European Solidarity Corps e proposto dall’Associazione Insieme Verso Nuovi Orizzonti Odv all’interno della Cittadella Cielo di Frosinone.
Fin da subito per me è stato difficile rapportarmi con i miei colleghi in quanto li ritenevo persone nuove e a primo impatto molto diverse da me, ma con il passare del tempo e dopo molti momenti di condivisione ho capito che quello che ci accumunava era più grande della differenza di età che invece ci divideva. Sono infatti tanti i sogni, i desideri e le difficoltà che abbiamo avuto la possibilità di condividere tra di noi durante il progetto.
La cosa che però mi ha messo in seria difficoltà sono stati alcuni momenti durante il mio servizio di settore in segreteria.
La maggior parte del tempo in segreteria rispondevo al telefono a tantissime persone. Questo compito da fuori può sembrare semplice, facile e leggero. In verità devo dire che mi ha messo a dura prova in quanto mi sono ritrovata ad accogliere ogni tipo di persona che può chiamare: quella piena di domande, quella simpatica, quella trista, quella senza pazienza, quella sola e tante altre.
Quello che facevo difficoltà a fare era distaccarmi in modo sano da ogni chiamata, e magari prendevo tutto troppo sul personale, non mantenendo comunque un atteggiamento professionale. Non intendo un atteggiamento distaccato che perché ho capito che tante di queste persone hanno solo un grande bisogno di essere ascoltate perché magari si sentono sole e al giorno d’oggi il tempo per ascoltare qualcuno in modo profondo e autentico non lo dedica più nessuno.
Un giorno dall’altra parte della cornetta c’era una signora che era molto turbata, quasi arrabbiata e che se la prendeva con noi affermando che non facciamo abbastanza.
È stata la chiamata più pesante che avessi mai fatto, ma da quella chiamata ho imparato davvero tante cose.
Innanzitutto sono cresciuta nella pazienza e nel mettermi nei panni di qualcuno che magari sa che quella telefonata è l’ultimo appiglio al quale attaccarsi dopo anni di sofferenze e porte sbattute contro. Ho capito che non dipende tutto da me, soprattutto le chiamate e il loro contenuto, e che bisogna mettere un limite all’empatia e alla sensibilità per non farsi prendere troppo dalle emozioni e per non perdersi.
Spesso dopo queste telefonate mi sentivo persa, pensierosa, arrabbiata, triste, però ho compreso che non posso farci nulla, anzi quello che posso fare è solo durante la telefonata: posso ascoltare con tutta me stessa e far capire alla persona che non è sola; una volta finita la chiamata però devo vigilare che finisca anche la mia preoccupazione per tutta la situazione.
Se dovessi pensare a quello che mi ha dato questa esperienza direi tanta consapevolezza rispetto a un bisogno che è comune a tutti anche a me ed è il bisogno di sentirti ascoltati.
Grazie a questo progetto ho anche scoperto un’altra sfaccettatura del termine indipendenza che non avevo mai vissuto. L’indipendenza, infatti, l’ho sempre vista e intesa come indipendenza verso gli altri: essere indipendente da.
Però non ho mai pensato che l’indipendenza degli altri li rendesse non dipendenti da me e questa è stata proprio una sorpresa, e anche un sollievo: le persone non dipendono da me. Di conseguenza un’altra consapevolezza che ho raggiunto è che l’unica che dipende da me sono io stessa e che la persona della quale mi devo occupare e preoccupare tutto il tempo sono proprio io.
Ratna Marangon.